11# La nascita dell’omicidio

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Non ci può essere luce senza oscurità.
Non sono riuscita a trovare l’autore o l’autrice di questa citazione.. anzi ne ho trovate troppi. Comunque sia..
Abbiamo visto che l’uomo di Neandertal era intelligente, organizzato e in grado di pensieri strutturati piuttosto complessi. Bene.
Il Neandertal piangeva i propri morti. Ma, a quanto ci dicono le prove fossili, il Neandertal è stato anche il primo ominide a uccidere i propri simili.
Non è poi così strano: chi sa amare sa anche odiare.
Non esiste luce senza oscurità, appunto.
Ma andiamo con ordine.
Ve lo ricordate Jean-Jacques Rousseau?
Il filosofo, scrittore, pedagogista e molto altro svizzero.. sì, era uno svizzero di lingua francese, la sua famiglia era di origine francese ma svizzera, vivevano a Ginevra dove Jean-Jacques nacque. Quello che ha scritto il Contratto Sociale..?!.. beh, lui sosteneva, come molti nel periodo dell’Illuminismo, che l’essere umano fosse fondamentalmente buono, o al massimo neutro, e che fossero la società e il progresso a, diciamo, corromperlo: è la teoria del buon selvaggio.
Questa ingenua versione dell’umanità è sopravvissuta e giunta fino a noi: non sono poche le persone a condividerla ancora oggi.
La sua versione più soft è quella sorta di idealizzazione del passato che, sono sicura, anche voi avrete sentito dall’uomo o dalla donna della strada al bar.
Questo preconcetto porta la gente a vaneggiare sui bei tempi andati, quando la tecnologia cattiva non c’era e tutto era più facile.. dimenticandosi che, in quegli stessi tempi, gli antibiotici non c’erano, si moriva di malattie oggi curabili, si viveva senza riscaldamento spesso nella sporcizia, la giornata media lavorativa era di 12 ore e intere categorie di persone non avevano i diritti civili.. ma sono dettagli..
Comunque, questa bella favoletta, il mito del buon selvaggio che viveva nei bei tempi andati, si adatta bene alla narrazione della preistoria al punto da essere propinata, in modo più o meno diretto, anche da alcuni libri di storia delle scuole superiori. Questo almeno fino, diciamo, un decennio fa: fate uno sforzo di memoria e ditemi, voi nati fino agli anni ’80 e ’90, se ricordate un accenno alle guerre o ad atti di violenza nella preistoria nelle vostre lezioni della scuola superiore.. no, vero?
Ma facciamo un passo indietro.
Indagare su un omicidio preistorico
Prima di tutto: come possiamo sapere che i Neanderthal uccidevano i loro simili?
Ce lo dicono le ossa fossili.
E come è possibile, direte voi, che delle ossa di un ominide vissuto così tanti anni fa possano avere tracce interpretabili oggi?
L’indagine per scoprire un omicidio preistorico si conduce usando le stesse analisi forensi fatte dalla polizia per gli omicidi odierni.
Facciamo un esempio.
Sono giunte fino a noi ossa fossili di Neandertal che presentano la frattura dell’ulna.
Per capirci l’ulna, insieme al radio, sono le due ossa che compongono il braccio, quelle che si trovano tra il gomito e la mano.
Le fratture dell’ulna sono tipiche di chi si difende da un colpo diretto alla testa: se qualcuno vi colpisce con un bastone, voi, istintivamente, alzate il braccio per proteggervi la testa – lo fate voi e lo faceva l’uomo di Neandertal (e lo farebbe una scimmia) – il bastone colpisce il braccio e il braccio si rompe prima di tutto nel punto che per primo viene colpito dal colpo.. l’ulna, appunto.
Come abbiamo visto sono giunti fino a noi diversi crani neandertaliani.
La presenza di buchi dai bordi netti in un cranio fossilizzato indicano una possibile morte violenta del suo proprietario: le moderne tecniche di indagine possono, in alcuni casi, stabilire con ragionevole approssimazione se il danno sia stato fatto pre o post mortem, fatto da denti di animali o pietre generiche o strumenti levigati.
Sono state trovate punte di freccia o schegge di pietra levigate in scheletri di ominidi, le cui ossa, inoltre, presentano scheggiature compatibili.. le lesioni provocate da queste frecce e schegge sono facilmente interpretabili come causa del decesso.
A tutto questo si sommano denti rotti, mascelle fratturate o altre ossa facciali con lesioni del tutto simili a quelle che si procurano oggi i partecipanti ad una rissa.
Il primo omicidio della storia umana
Il più antico esempio di omicidio documentato fino ad oggi risale a 430mila anni fa e avvenne proprio in Europa: si tratta di un cranio ritrovato nel sito di Sima de los Huesos, il “pozzo delle ossa”, in Sierra di Atapuerca, Spagna, dove sono stati trovati i resti di almeno 28 individui (Neandertal, pre-Neanadertal e sapiens).
Questo cranio presenta due lesioni traumatiche sopra l’occhio sinistro, sull’osso frontale.
In base all’analisi delle ossa sappiamo che, probabilmente, queste lesioni sono state la causa del decesso: l’osso non presenta segni di riparazione, quindi chi le ha subite non è sopravvissuto, e le lesioni non presentano le caratteristiche delle ferite post mortem.
Non vi sono segni di denti né sul il cranio né sulle lesioni: questo danno non è stato fatto quindi da un carnivoro, da un predatore.
Potrebbe trattarsi di uno sfortunato incidente: l’ominide potrebbe essere caduto, direte voi.
Davvero?! Due volte sullo stesso oggetto acuminato e levigato, colpendolo con la medesima intensità e inclinazione??!
Inoltre ci vuole una notevole violenza per spaccare il durissimo osso frontale: per fare un danno del genere l’ominide avrebbe dovuto cadere da una certa altezza e sbattere con violenza al suolo su una piccola e curiosamente levigata punta di roccia.. due volte! E anche ci fosse riuscito come è possibile che le altre ossa del cranio non si siano danneggiate e siano intatte??
Ragionevolmente parlando questo è il classico doppio colpo alla testa che un assassino (o un’assassina) sferra frontalmente con violenza alla sua vittima che muore sul colpo: infatti il colpo ha sfondato l’osso frontale e, verosimilmente, colpito il cervello sottostante provocando la morte immediata, o quasi, del proprietario del cranio.
Inoltre, da diversi indizi, sappiamo che il gruppo di ominidi del sito erano destrimani: la lesione si trova sul lato sinistro del cranio, quindi è compatibile con un colpo sferrato usando la mano destra da un aggressore posto di fronte alla vittima.
Un caso di cannibalismo preistorico
Un altro caso interessante è quello dei resti di Baume Moula-Guercy, a nord di Marsiglia, in Francia, di cui abbiamo accennato nella puntata precedente.
Qui sono stati trovati un centinaio di ossa di Neandertal appartenenti a 6 individui, adulti e bambini, mischiate a ossa di cervi: queste ossa presentano uguali segni di macellazione e, diciamo, consumo. Ad esempio le ossa lunghe come i femori sono state rotte per estrarre il midollo e le ossa di minori dimensioni, come le costole, presentano segni di denti umani.
A cosa è dovuto questo cannibalismo?
Come abbiamo già visto il cannibalismo è raro ma presente in tutta la storia umana, dalla preistoria alla storia più recente.
Attenzione: come detto il cannibalismo non è mai stato una pratica comune, salvo pochissime e molto discusse eccezioni, ma quasi sempre di impronta rituale o motivato da emergenza, ossia da fame.
In questo caso il cannibalismo è stato motivato molto probabilmente dalla fame.
Studi sui sedimenti delle grotte in cui sono stati trovati i resti hanno dimostrato che in questo luogo al tempo dei Neandertal è avvenuto un importante cambiamento climatico: il pianeta ha subito un notevole aumento di temperatura in pochi decenni e questo ha condotto all’estinzione diverse specie di animali.
I Neanderthal erano cacciatori, la loro dieta era costituita soprattutto da carne: il cambiamento climatico ha provocato la scomparsa degli animali che loro erano abituati a cacciare, che quindi conoscevano bene, che ha portato probabilmente alla fame le comunità neandertaliane spingendole, alla fine, al cannibalismo.
Lo so cosa pensate: ma se i sapiens e gli altri ominidi sono sopravvissuti cacciando e nutrendosi di altro (sia vegetali che animali) perché anche questi Neanderthal no?!
Senza scomodare la teoria dell’evoluzione di Darwin, che come abbiamo visto nelle puntate precedenti ci insegna che sopravvive la specie più adattata all’ambiente in cui vive (e se l’ambiente muta può non riuscire ad adattarsi e si estingue), vi racconterò, a mo’ di esempio, una storia riportata in un testo più recente.
Scegliere di vivere o morire
Jared Diamond, famoso biologo e antropologo, nel suo libro “Collasso, come le società scelgono di morire o di vivere”, descrive la storia e soprattutto la fine dei due insediamenti vichinghi norvegesi siti in Groenlandia dal 980 al 1400 circa, quando si estinsero.
Perché le comunità norvegesi della Groenlandia si estinsero?
Perché pretesero di mantenere in Groenlandia lo stile di vita e le abitudini che avevano in patria, anche se i due ambienti erano enormemente diversi.
In Groenlandia i norvegesi bruciarono foreste per far spazio all’allevamento e scaldarsi, asportarono zolle di torba per i tetti delle case, continuarono a usare materie prime rare in Groenlandia, come ferro o il legno, per fare tutto, comprese cose inutili (come le decorazioni per le chiese) e a mantenere abitudini alimentari incompatibili con il luogo.
Di fatto sopravvissero grazie al commercio con le navi europee che, periodicamente, passavano per vendere materie prime, animali e altre cose indispensabili, in cambio di pellicce, avorio e altri prodotti esotici considerati di lusso in Europa.
La società norvegese in Groenlandia aveva un margine di sopravvivenza sottilissimo, basato su un equilibrio ambientale ancora più fragile.
Il così detto caldo medievale aveva reso nell’Anno Mille la Groenlandia molto più calda di come è oggi.. ma la temperatura subì nei secoli successivi un lento declino fino a quando, a metà del XIV secolo (1300), crollò, in quella che gli storici definiscono la Piccola Glaciazione.
Questo improvviso cambiamento ambientale avvenne in concomitanza con la sospensione di ogni rapporto commerciale con l’Europa: a causa di pestilenze e avvenimenti politici, le navi commerciali norvegesi smisero di recarsi in Groenlandia perché il viaggio non era più conveniente economicamente.
Abbandonati dalla madrepatria in un ambiente sempre più freddo e ostile, rifiutandosi ostinatamente di stabilire contatti con le tribù inuit che ormai vivevano (e prosperavano!) nelle stesse terre da tempo, i norvegesi della Groenlandia si chiusero in un isolamento assoluto, mantenendo immutate le loro abitudini e restando ciechi ai cambiamenti ambientali.
Utilizzarono fino all’ultimo gli stessi vestiti che usavano in patria, mantennero le stesse enormi e gelide case, davvero difficili da scaldare, soffrendo il freddo. Per scaldarle bruciarono quei pochi alberi che ancora sopravvivevano, finendo per dipendere dalle poche assi di legno portate a riva dal mare, arrivando a bruciare le barche ormai malridotte che, di fatto, costituivano la loro unica possibilità di fuga.
..ma non pensarono mai di bruciare il grasso di foca o di balena per scaldarsi o di vivere in case più piccole e coibentate da pelli di animali artici come facevano gli inuit.
Con a disposizione pochissimo ferro continuarono a produrre decorazioni e, quando la situazioni si fece allarmante, arrivarono a realizzare chiodi in legno.
.. ma non realizzarono mai strumenti con ossa e denti di animali, conchiglie o pietra come invece facevano gli inuit.
I norvegesi della Groenlandia del XIV secolo finirono per morire di fame, mentre, a pochi chilometri di distanza, le tribù inuit trascorrevano, al caldo delle loro confortevoli dimore, uno degli inverni di maggiore prosperità, grazie ad una delle stagioni di maggiore pesca del secolo.
E questo perché, per tradizione, i norvegesi della Groenlandia non sapevano pescare e, comunque, non mangiavano pesce considerandolo non commestibile.
Eh già, finirono per morire di fame circondati da tantissimo cibo.
Quindi..
Vi ho raccontato brevemente la storia degli insediamenti norvegesi in Groenlandia per chiarire come il mancato adattamento all’ambiente possa condurre alla rovina.
Considerate che gli insediamenti norvegesi sopravvissero per 450 anni.. ma la loro esistenza si basava, come dicevo, su un equilibrio fragilissimo a causa del loro rifiuto ad adattarsi all’ambiente: quando il clima mutò, accentuando le caratteristiche, diciamo, ostili dell’ambiente, non seppero fronteggiare la situazione.
Bene abbiamo visto che il Buon Selvaggio non esiste: i Neandertal piangevano i loro morti ma sapevano anche uccidere.. ma perché poi questo ci dovrebbe sorprendere?
Nella prossima puntata parleremo proprio di questo: di crudeltà, dolore e violenza.. quindi del male e della sua origine.
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FONTI:
- Emilio o dell’educazione, Jean-Jacques Rousseau.
- Collasso, come le società scelgono di morire o di vivere, Jared Diamond.
- Articoli scientifici sullo studio delle fratture ossee nei casi di violenza.
Sima de los Huesos
- An interdisciplinary approach to the study of violence, Sarah Ralph, 2013, State University of New York Press.
- Human cannibalism in the Early Pleistocene of Europe (Gran Dolina, Sierra de Atapuerca, Burgos, Spain), Yolanda Fernandez-Jalvo e altri, 1999, Journal of human evolution.
- Lethal Interpersonal Violence in the Middle Pleistocene, Nohemi Sala e altri, 2015, PLoS
Baume Moula-Guercy
- Impact of the last interglacial climate change on ecosystems and Neanderthals behavior at Baume Moula-Guercy, Ardèche, France, Alban R. Defleur, Emmanuel Desclaux, 2019, Journal of Archaeological Science
- Neanderthal cannibalism at Moula-Guercy, Ardèche, France, A Defleur e altri, 1999, Science
- Neanderthal cranial remains from Baume Moula-Guercy (Soyons, Ardèche, France), G.D Richards e altri, 2021, American Journal of Physical Anthropology