19# La nascita del linguaggio umano

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Durante una lezione universitaria della laurea magistrale ho sentito questa frase:
la domanda più difficile della scienza è: come è nato il linguaggio umano?
L’origine del linguaggio umano è un argomento fortemente dibattuto, non solo a livello puramente anatomico/neurologico ma anche da un punto di vista etologico e filosofico.
È un po’ come la questione di cui abbiamo discusso nella puntata numero 12, “Lo specchio oscuro”, dedicata al male e la sua origine: ci piace tanto essere speciali, unici, e quindi preferiamo pensare che le nostre qualità più belle e spettacolari siano cadute dal cielo, nate dal nulla, e che non abbiano, né possano avere, alcun corrispettivo negli animali non umani.
Ma nulla nasce dal niente. E noi non siamo semidei fatti di puro spirito, distaccati dal resto dell’esistente sul pianeta: siamo sangue e carne, stimoli elettrici e fluidi corporei (più o meno gradevoli!).
Quindi, prima di addentrarci nel complesso discorso del linguaggio umano e della sua origine, serve una premessa.
Tutti gli animali non umani comunicano tra loro in qualche modo. TUTTI.
Lo fanno i gatti, i cani, i cavalli, le giraffe, gli alligatori, i gabbiani, i passerotti, le tartarughe, le sogliole, le balene, le api, le formiche e gli ornitorinchi.
Comunicazione animale
Gli animali con un sistema sociale più sviluppato e complesso, come i cani, avranno un sistema di comunicazione molto articolato rispetto agli animali che possiedono, a livello di specie, un sistema sociale ridotto o nullo (come alcuni tipi di pesci o di rettili).
Allo stesso modo gli animali con una capacità celebrale più elevata, ossia coloro che sono più intelligenti, come le api o gli scimpanzé, avranno un sistema di comunicazione molto più fine e complesso rispetto a quelli dotati di un’intelligenza (in media!) più ridotta, come ad esempio i vermi.
Non dobbiamo dimenticare quindi questi elementi quando consideriamo comportamenti complessi come la comunicazione: alcuni linguisti, anche noti, fanno proprio questo errore, comparando alla pari noi umani e, ad esempio, gli uccelli canori o i cani.
Ma sostenere che un animale non umano non può comunicare solo perché non è in grado di disquisire del De Bello Gallico di Giulio Cesare in tedesco non è solo un errore di giudizio, è proprio una sciocchezza!!
Facciamo un esempio per capirci.
Siamo tutti d’accordo che un’auto sportiva sia più veloce, performante e tecnicamente affascinante di una bici scassata comprata al mercatino dell’usato. Se io devo percorre 100 km sarà sicuramente meglio farli con l’auto sportiva che con una bici scassata.. ma questo non significa che io non possa fare 100 km con una bici scassata! In ogni caso, sia con l’auto che con la bici, arriverò a destinazione anche se, certamente, il viaggio e tutta una serie di altri elementi ad esso correlati, prima tra tutti l’esperienza stessa, saranno molto ma molto diversi!
Di fatto, a livello basilare, la bici scassata e l’auto sportiva sono la stessa cosa: mezzi per spostarsi.
A cosa serve la comunicazione?
Lo scopo della comunicazione è uguale in tutti gli animali, sia umani che non umani.
Comunicare vuol dire emettere dei segnali, i segnali trasmettono generalmente questi 3 tipi di informazioni:
- informazioni legati al soggetti emittente,
- la posizione spaziale di qualcuno o di qualcosa,
- informazioni sul contesto.
Andando più nello specifico la comunicazione generalmente serve per la risoluzione dei conflitti, difesa del territorio, le iterazioni sociali (cure parentali, comunicazioni per il mantenimento del legame di coppia e relazioni all’interno del gruppo sociale), scambiarsi informazioni sull’ambiente e per fare auto-comunicazione (questo è il caso, ad esempio, del gatto che fa le fusa da solo).
Se ci riflettete un attimo anche la maggior parte delle nostre comunicazioni umane di ogni giorno rientrano in queste casistiche! Anche l’auto-comunicazione: avete mai ascoltato una canzone da soli per tirarvi su il morale in una giornata brutta?! Ecco!
Come comunicano gli animali?
Noi spesso consideriamo la comunicazione come vocalizzazione: io parlo emettendo suoni.. ma, a dire il vero, questo non è assolutamente l’unico modo di comunicare in modo complesso, neanche tra noi umani!!
Anche noi umani utilizziamo sistemi di comunicazione silenziosa.
Pensate al linguaggio dei segni utilizzato da chi è sordo o l’abilità di leggere le labbra. O tutti i gesti consci (e inconsci), la gestualità con cui accompagniamo le nostre parole. Oppure alla scrittura in tutte le sue molteplici forme.
Tutta questa è comunicazione, anche molto complessa, anche se non produce alcun suono!
Vediamo dei tipi di comunicazione silenziosa tra animali non umani.
LA COMUNICAZIONE ODOROSA
Alcuni animali non umani comunicano con gli odori: lo fanno molti insetti.. ma forse l’esempio più noto a tutti è quello dei cani.
Un cane segnerà il territorio e si fermerà ad annusare per strada i segnali odorosi lasciati da altri individui della sua specie: per questo è importantissimo per l’equilibrio mentale di un cane lasciarlo annusare liberamente quello che vuole e quindi fermarsi durante la passeggiata quando lui si ferma ad annusare una puzza particolarmente interessante.. trascinare via il cane che annusa un odore è come sfilare di mano un libro interessante a una persona che lo sta leggendo: poi non meravigliatevi se diventa un filo nervoso.. (a questo proposito ricordo che la famosa passeggiata con il cane la fate per lui/lei, non per voi!! E il cane è perfettamente in grado di capire la differenza tra la sua passeggiata ricreativa in cui voi accompagnate lui e l’uscita in cui lui accompagna voi..).
La comunicazione odorosa si basa sui feromoni che rivestono un ruolo importante anche nel mondo umano e sono studiati da anni, soprattutto a livello commerciale nell’industria dei cosmetici e dei profumi. Ma qui il discorso è davvero complesso, quindi preferisco approfondire di più.
LA COMUNICAZIONE ELETTRICA
Un altro tipo di comunicazione silenziosa tra gli animali non umani è quella elettrica.
Ad esempio i pesci elettrici comunicano grazie ad un campo bio elettrico che generano grazie a elettromiociti, cellule che sviluppano un gradiente elettrochimico compreso tra i -60 e i -80 millivolt; la percezione dell’elettricità avviene poi grazie a un organo ampolla, che è dotato di particolari cellule sensoriali in grado di dare informazioni sull’intensità dell’elettricità emessa da un conspecifico sito nei pressi. Questo sistema viene usato dai pesci elettrici sia per localizzare le prede con precisone nello spazio, sia per comunicare tra conspecifici.
Vocalizzare: parlare e cantare
Considerando la comunicazione animale come vocalizzazione vera e propria.. beh, questo è il campo della bioacustica.
Cos’è la bioacustica? Come ci insegna Wikipedia: La bioacustica è una scienza interdisciplinare che fonde insieme biologia ed acustica. Riguarda l’indagine sulla produzione del suono, la sua dispersione e la sua ricezione negli animali, inclusi gli esseri umani.
Parlando di bioacustica tre sono i casi di studio più noti: gli uccelli, le balene e i primati. In tutti i tre casi si studiano i così detti canti, vocalizzazioni canore che a noi umani suonano, appunto, come sorta di canti. Vediamoli uno per uno.
GLI UCCELLI CANORI
Lo studio degli uccelli canori è vecchio di secoli: i primi studi risalgono a Darwin, certamente ce ne sono stati anche prima.
Gli uccelli canori sono molti: anche se il canto ha una chiara componente genetica (come la parola per noi), questi uccelli devono imparare a cantare in un determinato momento della loro vita, nell’infanzia, durante un così detto periodo critico.
Esattamente come noi umani abbiamo una finestra di possibilità in cui possiamo imparare a parlare (e una in cui possiamo imparare a leggere e scrivere!), conclusa la quale l’apprendimento non sarà mai completo o non potrà proprio avvenire: questo lo dimostrano vari studi, tra cui quelli fatti sui così detti “bambini allevati dai lupi”, bambini cresciuti isolati dalla società umana e che, una volta adulti, non hanno mai completamente appreso nessun linguaggio umano.
LE BALENE CANORE
Le balene e i loro canti sono stati studiati soprattutto nell’ultimo mezzo secolo e, direi, in particolare negli ultimi vent’anni: la ricerca nel campo è giovane e in pieno sviluppo.
Comunque, ad oggi, sappiamo che le balene, o meglio, alcuni tipi di balene, non solo sono in grado di sviluppare canti piuttosto complessi, ma sviluppano anche sorte di “dialetti”, noti solo al gruppo di appartenenza ma che un individuo può imparare quando incontra altri gruppi.
Il canto delle balene così si evolve nel tempo grazie alle esperienze di vita e alle iterazioni sociali con altri gruppi.
I PRIMATI CANTANTI
Vi sono poi i primati: i così detti “primati cantanti”.
Attenzione: non tutti i primati cantano anche se, indiscutibilmente, i primati hanno mezzi alternativi per comunicare tra loro, una comunicazione fatta di gesti, grugniti e sguardi.
Tra i primati cantanti più famosi vi sono gli indri del Madagascar, gli indri indri, un tipo di lemure di grandi dimensioni: se siete curiosi di sentirli qui troverete il link per ascoltarli.
Comunque cosa hanno in comune con noi questi tre gruppi di animali non umani?
Molte cose. Infatti tutti:
- devono apprendere il canto in un determinato periodo della loro vita, più o meno uguale per ciascuna specie, nell’infanzia.
- sviluppano linguaggi diversi, sorta di dialetti, all’interno del gruppo: più il gruppo è isolato, più questa differenza sarà grande.. lo stesso che avviene per noi con le diverse lingue.
- utilizzano la comunicazione per scambiarsi informazioni simili: controllo del territorio, comunicazioni relativa al corteggiamento o al legame di coppia, cure parentali, ecc. (essenzialmente quello che abbiamo citato prima).
Le scimmie parlanti
Considerando tutto questo e dato che anche noi siamo primati, negli ultimi 100 anni si è provato ad insegnare il nostro linguaggio a dei primati non umani.
D’altronde, storicamente, le scimmie domestiche imparavano a capire cosa diceva il loro padrone: pensate alle scimmie che rubavano oggetti su “commissione”, citate in tanti libri e documenti storici. Tutto questo però è stato liquidato per molto tempo come mero “addestramento”, o meglio “ammaestramento”, un modo come un altro per non voler vedere un’evidenza scientifica.
In ogni caso, i primati non umani non possono imparare a parlare nessun linguaggio vocalizzato umano per un semplice motivo: non hanno l’apparato anatomico per farlo.
Un bonobo non imparerà mai a parlare esattamente come non potrà mai farlo una persona umana priva di lingua e corde vocali. Ma, attenzione, non riuscire a vocalizzare un linguaggio non significa che non poterlo apprendere!
Studi decennali hanno dimostrato che i primati non umani possono imparare a capire il nostro linguaggio e possono rispondere utilizzando altri mezzi, come il linguaggio dei segni o di lessigrammi. Ed è più semplice comunicare con loro usando esclusivamente il linguaggio dei segni o i lessigrammi.
La cosa più sorprendente è che molti primati che imparano questi linguaggi di comunicazione poi sono in grado di insegnarli ai loro piccoli, in modo anche più veloce ed efficiente.
Tra i più noti studi in questo proposito vi sono:
1. la gorilla Koko (1970-2018) di Francine Patterson, che ha imparato oltre 1000 segni del linguaggio dei muti arrivando a modificare alcuni segni e crearne una sua versione. Qui potete trovare alcuni video di Koko.
2. la scimpanzé Washoe (1966-2007) dei coniugi Gardner, che non solo imparò ma fu in grado di insegnare da sola, quindi senza l’intervento umano, il linguaggio dei muti al suo piccolo. Qui trovate alcuni video di Washoe.
Potrei parlarvi per delle ore degli studi di questo genere in cui si è insegnato a parlare a dei primati.. anche perché si tratta di studi fatti nel pieno rispetto degli animali in questione, che hanno vissuto una lunga e felice vita in compagnia di un gruppo sia di altre scimmie che umano, che consideravano la loro gruppo, la loro famiglia: un chiaro esempio, tra l’altro, di come l’etica possa andare non solo a braccetto con la ricerca scientifica, ma possa addirittura contribuire a renderla migliore e portare risultati stupefacenti.. perché questo è un risultato stupefacente! Voglio dire: hanno insegnato ad una scimmia a parlare!! Vi pare poco?!?!
Abbiamo parlato di altri animali che riescono ad apprendere il linguaggio umano nell’episodio n4.
A questo proposito un altro esempio sono i cani, animali vicini a noi e di cui si può avere facilmente esperienza, e riguardo cui rimando agli studi di Juliane Kaminski, del Max Planck Institute, che hanno dimostrato come Rico (un cane border collie) fosse in grado di capire oltre 200 parole; lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science. Ma questo è solo un esempio tra tanti.
L’origine del linguaggio umano
Ma quindi, tornando a noi, alla luce di tutto questo.. quando e come i sapiens hanno iniziato a parlare?
Il linguaggio umano è dato da due cose:
- uno specifico apparato fonatorio, in particolare le corde vocali, una laringe (fatta in un modo particolare e posta in un dato punto)
- una specifica struttura a livello celebrale.
Paradossalmente, tra i due aspetti, quello più esclusivamente nostro, quello unico o quasi dell’umanità, non è il cervello, ma è l’aspetto anatomico!
Gli altri primati non parlano, come abbiamo visto, perché non ne hanno la struttura anatomica, noi parliamo soprattutto perché siamo anatomicamente in grado di farlo!!
Per quanto riguarda le aree celebrali dedicate al linguaggio, vi sono:
- l’area di Broca, l’area celebrale preposta alla produzione (diciamo) fisica della parola;
- l’area di Wernicke, sita al di sotto, preposta alla comprensione ed elaborazione del linguaggio, sia esso fonetico che di altro genere.
Come appare evidente la seconda area, quella più in profondità, è più importante della prima: è certamente più importante capire e, in qualche modo, rispondere piuttosto che essere in grado di emettere suoni modulati in un certo modo!
Ebbene la seconda area, l’area di Wernicke, è presente anche in molti animali non umani o, meglio, vi è un’area analoga: abbiamo visto che molti animali non umani hanno un sistema di comunicazione complesso, anche se non sonoro, e molti sono in grado di comprendere il nostro di linguaggio.
Di conseguenza, è quindi ragionevole pensare che questa area celebrale esistesse negli ominidi, già al tempo dell’erectus se non prima!
Come abbiamo visto è discussa la presenza fossile dell’area di Broca già nell’erectus.. se così fosse la presenza dell’area di Wernicke sarebbe scontata.
E abbiamo anche visto, nella puntata n8, che il Neanderthal probabilmente emetteva suoni, anche se molto diversi dai nostri: forse parlava un linguaggio che noi mai saremmo in grado di pronunciare o addirittura di sentire.. infatti il suo orecchio interno era diverso dal nostro!
Ma come si è evoluto a livello pratico il linguaggio umano?
Gesti e suoni
Secondo i più recenti studi il linguaggio umano sarebbe nato nella preistoria prima come suoni più o meno modulati collegati a gesti.
Inizialmente è possibile che si sia sviluppato un linguaggio gestuale e che questo si sia evoluto in un linguaggio più articolato, accompagnato da versi e suoni. Poi, con il tempo, forse per motivi collegati alla caccia (per poter comunicare a distanza, quando si è troppo lontani perché i gesti si possono vedere), il linguaggio sonoro si sarebbe evoluto sempre più.
Perché il linguaggio sonoro si è evoluto?
Perché è comodo e pratico, soprattutto per una popolazione di cacciatori che si muovevano molto e avevano iterazioni con altri gruppi.
La comunicazione, l’abilità a comunicare in modo sempre più fine, complesso e veloce è vincente, sopratutto in un mondo difficile e ostile come doveva essere il Paleolitico superiore.
D’altronde, da sempre, la nostra forza è nel gruppo!
Noi siamo animali sociali come gli altri primati, e più il gruppo è organizzato e solidale più i suoi componenti hanno possibilità di riprodursi e prosperare: il linguaggio certamente aiuta tutto questo.
Alla fine quindi: qual’è la risposta alla domanda più difficile della scienza?
Quando è nato il linguaggio umano?A meno di inventare una macchina del tempo, la risposta, probabilmente, non l’avremo mai!
Oggi abbiamo parlato di linguaggio, del saper parlare: nella prossima puntata ci spingeremo oltre e ci porremo una domanda ancora più complessa. Ci chiederemo quando abbiamo iniziato a contare, ossia quando è apparsa la matematica nella storia umana! A proposito.. solo noi umani sappiamo contare?!
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FONTI
Articoli sull’origine linguaggio umano:
- Language and Mind, Chomsky, Noam, 1972
- Language, procedures, and the non-perceptual origin of number word meanings, Barner, J. Child Lang, 2017
- The Faculty of Language: What Is It, Who Has It, and How Did It Evolve?, Hauser, Marc D.; Chomsky, Noam; Fitch, W. Tecumseh, Science, 2002
- The evolutionary origin of the language areas in the human brain. A neuroanatomical perspective, Aboitiz, Garcia, Brain Res. Rev., 1997
- The Origin of Language and Cognition, Ulbaek, Cambridge University Press, 1998
- The origin of language and relative roles of voice and gesture in early communication development, Burkhardt-Reed e altri, Infant Behav. Dev., 2021
Articoli sulla comunicazione negli animali non umani:
- Linguistic laws of brevity: conformity in Indri indri, Animal. Cogni., 2020
- Born to sing! Song development in a singing primate, De Gregorio e altri, Curr. Zool., 2021
- Electroreception and communication in electric fish, Westby, Sci.Prog, 1984
- Evidence for acoustic communication among bottom foraging humpback whales, Parks, Sci. Rep. 2014
- Feline vocal communication, Tavernier, Vet.Sci., 2020
- Intra-individual variation in the songs of humpback whales suggests they are sonically searching for conspecifics, Learn Behav, 2021
- Hormonal modulation of communication signals in electric fish, Zacon, Neurosci, 1996
- Nocturnal Primate Communication: Ecology, Evolution and Conservation, Gursky, Folia Primatol, 2019.
- Olfactory Landmark-Based Communication in Interacting Drosophila, Mercier e altri, Curr. Bio., 2018
- Sexually dimorphic phrase organization in the song of the indris (Indri indri), Zanoli, Primatol, 2020
- Song Morphing by Humpback Whales: Cultural or Epiphenomenal?, Mercado, Front. Psychol, 2021